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La salute degli homeless. E di tutti noi

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"Ogni giorno abbiamo a che fare con senza dimora che avrebbero bisogno di passare un certo periodo in un ambiente protetto per meglio curarsi. Chiunque di noi sta in casa, loro no. E così anche se si rompono una gamba, vengono ingessati e tornano subito a vivere in strada. Una sofferenza continua". Magda Baietta, presidente della Ronda della carità, ha sottolineato una questione importante in occasione dei 18 anni di questa storica associazione milanese. Portando giustamente il problema all’attenzione dei candidati sindaci, con la richiesta di creare una struttura ad hoc per queste situazioni che condivido in pieano, ha ribadito che la cura delle persone più vulnerabili e la loro presa in carico sono temi importanti per la nostra città.

Come Casa della carità ce ne occupiamo quotidianamente. A volte, quando c’è qualche posto disponibile, ci capita proprio di accogliere quelle persone di cui parla Magda, dimesse da un ospedale ma senza un posto dove curarsi. Altre volte, siamo noi a garantire direttamente alcuni interventi di base a chi fatica o non può accedere ai servizi sanitari tradizionali. Sul tema, con il nostro Centro Studi Sofferenza Urbana SOUQ,  abbiamo anche svolto una ricerca, per capire come garantire il diritto alla salute a sempre più persone vulnerabili.

All’apparenza, la questione può sembrare affare per tecnici, una richiesta di nicchia che riguarda poche e sfortunate persone, un piccolo problema all’interno di una campagna elettorale che ha ben altre priorità. In realtà, non è così. Le richieste che vengono dalle fasce più fragili della cittadinanza ci rivelano questioni più ampie, ci consentono di riflettere su interi sistemi, ci portano a immaginare e mettere in pratica ripensamenti strutturali. Anche nell’ambito della sanità.

Il benessere di una persona, infatti, non lo si misura solo con le risposte che questa ottiene nelle emergenze, ma  è frutto di una presa in carico ben più ampia, di una cura costante e vicina. Per i cittadini senza dimora, date le condizioni in cui vivono, questo può significare innanzitutto avere un posto accogliente dove trascorrere la convalescenza dopo un ricovero. Per tutti gli altri, che hanno la fortuna di avere una casa, può voler dire avere servizi in cui è maggiore l’integrazione tra sociale e sanitario, a beneficio del territorio e, soprattutto, dei pazienti. In tempi di riforma della sanità in Regione, in parte ancora da approvare e in parte ancora da applicare, è un concetto chiave. Non solo per i senza dimora.


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